Teatro Verga (Catania), 9 Aprile 2010.-
************
poliedrico, vulcanico, inossidabile, istrionico, insomma, un artista completo…
R. – Certo…vulcanico a Catania che c’è l’Etna, non è concorren-
za che posso reggere…
D. – Il suo curriculum è davvero impressionante Maestro Caruso…Lei è attore, autore,
poeta, scrittore di successo, giornalista, opinionista…e chi più ne ha, più ne
metta…si sente appagato o ha ancora qualche sogno nel cassetto?
R. – Intanto precisiamo subito che la quantità non fa qualità, per
cui c’è anche da vedere come tutte queste cose si fanno,
però è come se ne facessi una, perché lo scrittore, l’opinio-
. nista, eccetera, sono la stessa persona, la quale pensa e, o
recita o scrive, ed è sempre uno quello che fa tutte queste
cose; oltretutto l’attore, l’opinionista, lo scrittore, sembrano
tanti mestieri ma, insomma, ripeto, è il mestiere dell’uso
delle parole, e, se è possibile, anche del pensiero, perché le
parole senza pensiero sono un suono e basta…
D.- La sua sicilianità lo ha aiutato in qualche modo?…E le ha mai creato ostacoli?
R. – No, ma quali ostacoli, mai!…anche perché io la porto in giro
con un orgoglio tale che nessuno si azzarda a dirmi cose im-
barazzanti…Ma non è solo questo. Io, tra l’altro, quando ero
ragazzo e me ne andai fuori dalla Sicilia, dicevo a tutti che
ero siciliano e mi aspettavo che mi facessero i complimenti.
Ma al di là di questo, la sicilianità è la natura…ogni uomo è
la terra in cui nasce, e se rinuncia a essere questo, rinuncia
a essere se stesso, praticamente si cancella…
Ecco, la “sicilianità” nel mio caso, “la milanesità” nel caso
di altri miei colleghi, è l’identità della persona…
quartiere, la “VUCCIRIA”?… Si ricorda di qualche personaggio in particolare,
che ha colpito l’immaginario collettivo?…
R.- Ah, ce ne sono tanti di personaggi, che tra l’altro, io, come
racconto in un mio libro che uscirà e che si chiama “Il Ven-
ditore di racconti”, dove ci sono quasi tutti i personaggi
della mia infanzia, perché passavano…mio papà aveva una
botteguccia di merceria e filati, e poi saranno i quartieri
popolari e ci si conosce…mi ricordo che c’era quello che
vendeva “la pianeta della fortuna” … Adesso l’oroscopo lo
fanno in televisione e io non credo agli oroscopi assoluta-
mente per niente, ma al di là di questo…c’era questo qui
che aveva un pappagallino verde su un trespolo, il quale
stava più in alto di un cassettino dove ci stavano dei bi-
gliettini gialli, rossi, verdi, e allora uno andava lì e si faceva
dire…”mi dice la mia fortuna?”…Allora il pappagallo scen-
deva, perché era ammaestrato, prendeva con il becco un
bigliettino e te lo dava e tu leggevi là il tuo futuro…E questo
era uno dei personaggi che io ricordo, ma ce ne sono tanti
altri che qui sarebbe noioso raccontare…Invece non proprio
un aneddoto, ma…una cosa che riguarda anche Catania,
perché riguarda la sicilianità e noi, che ovviamente abbia-
mo l’orgoglio di essere siciliani – a cui non corrisponde,
però, un agire in conformità… Il Siciliano è un insieme di
individui e non riesce a essere popolo…per cui uno che dice
“la mia Città guai a chi me la tocca!” è poi lo stesso che
butta la carta per terra, e quindi a parole le vuole bene, ma
poi nei fatti non la rispetta…Ma questo è retaggio antico del
fatto che noi siciliani abbiamo avuto sempre un potere stra-
niero, quindi buttare la carta per terra assume un significa-
to di ribellione nei confronti di questo straniero, ma ora lo
straniero se n’è andato, perciò se buttiamo la carta la
buttiamo contro di noi…Allora in questo contrasto di stati
d’animo del siciliano, di Catania o di Palermo, -perché sono
le città che frequento – ma ritengo probabilmente anche di
altre città– è che noi ovviamente riteniamo di essere i mi-
gliori del mondo, e allora qual’è il limite? Il limite è che noi
riteniamo di essere i migliori anche…nel peggio (!)…Faccio
un esempio: ecco…sono in un taxi, e c’è una cosa che non
ci sta bene…mettiamo, vedo un tizio che entra nella corsia
preferenziale del taxi, e allora, sia a Palermo che a Catania:
– “Ah, cose di Palermo!…” – oppure: “Ah, cose di Catania!”
Allora io un po’ mi secco, perché io che giro dico: – “Guardi
che questa cosa avviene a Milano, a Roma, a Genova”…-
– “…guardi che qui a Catania, – o a Palermo quando sono a
Palermo – ce n’è uno ogni tanto” …in fondo e se ci guardate
bene, la rispettano la corsia preferenziale, quindi, – dico,
succede a Milano come a Palermo che non la rispettano…”
E il tassista, dopo una pausa:- “Ah, ma no come a Catania!!
Cioè non si rassegna all’informazione che io gli dico…e la
fanno lunga…”No, a Catania la fanno meglio” in questo caso la fanno peggio…A Palermo è lo stesso…Cioè noi abbiamo la
pretesa di essere i migliori anche nel peggio…Siamo pazzi!!
D.- Visto che lei è un palermitano Doc, ha mai assistito a qualche edizione della Targa
Florio, la Corsa più antica del mondo? Cosa ne pensa in proposito?… E ci può
raccontare qualcosa?…
R. – Ah, no!…la mia povertà era tale che mi teneva abbastanza
lontano dalle manifestazioni come questa…che poi si svol-
geva…Il percorso mi pare che fosse a…Mi aiuti…qual’era il
percorso della Targa Florio?…
D. – Cerda…
R. – Cerda, esatto…sì,…certo…guardi, io non avevo nemmeno i
soldi per prendere un tram, si figuri se potevo averli per
andare a Cerda per vedere la partenza della Targa Florio…
Ma ne sentivo parlare, certo che era una corsa leggendaria
come si usa dire in questi casi, quindi non è che non sapessi,
sì, lo sapevo, così come sapevo che a Palermo c’era un
teatro, ma non frequentavo né l’uno né l’altro, anche perché
il teatro si poneva nei confronti della città, della gente come
me che era povera, che apparteneva al popolo, in un modo
così distaccato che era come se la gente sentiva che questo
teatro non stava parlando con lui, non si avvicinava alla
gente…Poi c’erano i limiti personali…l’ignoranza…Io sono un
autodidatta…quando ero ragazzo a malapena avevo imparato
a leggere e a scrivere…
sentito parlare della Dinastia dei Florio?…
D.- Le piacerebbe che la Sicilia ritornasse ai fasti di quell’epoca, ammesso che lei abbia
R. – Oh, sì, questa la conosco benissimo…la Dinastia dei Florio,
anche se non c’ero, ma conosco benissimo anche Giulio
Cesare, benché all’epoca non ci fossi!…Questo attiene alla
Storia, che io conosco…Tornare in quegli anni…Sà, tornare
in quegli anni significa godersi la bellezza di una Sicilia in-
dustrializzata, una Sicilia attiva nei commerci, nelle imprese
navali, cose che poi… dall’unità d’Italia tutto questo è stato
distrutto…perché il governo nazionale ancora oggi non ha
fatto altro che…come dire?…trascurare la Sicilia, quando
non di peggio…Però dare colpe…non cominciamo a dire che
la colpa è nostra, che non ci ribelliamo mai, che subiamo
tutto…etc…ma ritornando all’idea di un ritorno al passato,
dove appunto c’erano tutte queste cose da godere, però…
cosa c’era? C’era anche che si moriva a cinquant’anni, e io
non voglio ritornare in un punto dove non esiste una certa
medicina che ti fa morire tanta gente tra le quali ci potrei
essere puro io…E non c’era la televisione, che è uno stru-
mento immenso! Il grave è quando la Televisione è in mano
ad un privato e ne fa quello che vuole, ma quello strumento
è straordinario…Usato come lo si usa in altri Paesi, con tutta
una varietà di televisioni e di opinioni diventa uno strumento
di informazione, nel nostro caso è uno strumento di disinfor-
mazione, non tanto per quello che le Televisioni che non
sono pubbliche, sono private… – anche la RAI è PRIVATA,
…appartiene a Berlusconi… – la cosa grave non è tanto quello
che dicono, tanto quello che fanno…
D. – …perché non esiste contraddittorio…
R. – No!…esatto!…e quando c’è, dicono che sono criminali quelli
che fanno contraddittorio: una follia democratica!…
Quindi, tornare indietro, no, non mi sta bene…ma se potessi
tornare indietro, così in visita… cioè faccio un viaggio nel
tempo, così come si ipotizza…Per cui uno dice, guarda…”Ci
vediamo la settimana scorsa…” – Allora questo sì…ma solo
andata SENZA RITORNO, no!…anche perché tornassi indietro
ora sarei morto…
consiglierebbe di fare e, soprattutto, DI NON FARE?…
R. – Primo, gli consiglierei di non accettare consigli, tanto per
cominciare, perché sono inutili, in quanto il consiglio che
uno può dare è figlio dell’esperienza che lui ha vissuto, e al-
lora le cose che contano sono quelle che si vivono, per cui
un ragazzo deve vivere le sue esperienze da ricavare il sen-
so di quello che sta facendo…l’unica informazione, quindi,
non un consiglio, che posso dare è che qualunque attività si
svolga prevede obbligatoriamente una preparazione assolu-
ta, quindi uno che scrive deve conoscere la grammatica, la
sintassi, e deve essere uno che ha letto moltissimo, perché
non si scrive se non si è letto moltissimo… Così anche per
fare l’attore…se tu pensi che fare l’attore sia un colpo di for-
tuna, cioè arriva un famoso regista che ti chiama, eccetera,
eccetera …hai sbagliato tutto… SBAGLI LA VITA!!…
Se tu pensi che fare l’attore è un mestiere, in cui bisogna
imparare le tecniche e tutto… – certo il talento ci vuole, ma
questo lo verifichi tu – imparare la pronuncia, perché non
puoi fare l’attore con una pronuncia che tradisca il dialetto,
perché se devi fare Molière e devi fingere di essere in Fran-
cia, oppure devi fare l’Amleto, certo non puoi dire: “Jessere
o non jessere!”, perché diventa incongruo, quindi il dialetto
te lo conservi per quando ti serve fare personaggi dialettali.
Devi imparare la pronuncia anche per allargare…diciamo…
la possibilità dei personaggi che puoi fare e quindi… il
MESTIERE! Ecco, essere un attore è IL MESTIERE…
Senza un mestiere tu sei un fallito, perché puoi arrivare a
trenta, quarant’anni, ma… ora, se sei un avvocato anche se
sei scarso, sempre avvocato ti chiamano, ma se arrivi a qua-
ranta, o a cinquant’anni e la gente non ti conosce, anche se
fai l’attore, per la gente non sei niente…
Quindi, volevo dire che la preparazione e il talento non ba-
stano, se poi, – come capita nella vita, – non ti si presenta
l’occasione per mostrare tutto questo… Insomma, non c’è
certezza d’arrivare! Oggi devo dire che rispetto ai miei tempi
ci sono più possibilità, sempre ché tu sia uno preparato…
Sennò ti può capitare un’occasione, ma passata quella sfuma
tutto… Se sei preparato oggi, hai i teatri che in Italia, pur con
fatica, esistono e poi c’è il cinema e poi c’è la fiction TV, che
finalmente, dopo battaglie di anni, si usano gli attori, e quindi
le possibilità che sono più larghe dei miei tempi… Quindi, re-
stando ferme quelle difficoltà, ci sono più possibilità…
D.- Quindi, a questo proposito, Le chiedo: quanto conta il talento e quanto la faccia
tosta?
R. – La faccia tosta non paga…paga al momento, poi non paga
più… Io ho visto l’altra sera un film bellissimo…mi pare di
Woody Allen, non ne sono sicuro…ad un certo punto c’era
uno che diceva ad un altro, – perché stava nascendo un
bambino: -“Tu che cosa gli auguri?” – “Io gli augurerei – fa
l’altro – “di avere tanto talento, però è rischioso, io gli augu-
ro…tanta fortuna!”…
Certo, questo capovolge quello che ho detto prima, però sta
a significare che la fortuna è un elemento importante, certo
se uno si affida solo alla fortuna ha le stesse probabilità di
quando gioca alla schedina, una su mille… se uno invece si
basa sul proprio mestiere ha più possibilità…
D.- Maestro, Lei, recentemente, ha presentato proprio qui al Teatro Verga due suoi
libri…“HO DEI PENSIERI CHE NON CONDIVIDO” e “IL SILENZIO
DELL’ULTIMA NOTTE”…ci può dire qualcosa in proposito?
R. – Sì, certo… ”Ho dei pensieri che non condivido”, edito da
Bonanno, è giusto dire l’editore perché ha il merito o la colpa
di avere stampato il libro, e l’altro è edito da Flaccovio, come
vede uno è catanese e l’altro palermitano, le mie due città…
mie nel senso che a Catania ho iniziato a fare il mio mestiere
perciò Palermo e Catania sono le città della mia gioventù e
quelle nelle quali ho vissuto di più… Amo anche le altre, però
qui c’ho vissuto… “Ho dei pensieri che non condivido” è un
libro di aforismi…che gli aforismi possono sembrare come le
battute a teatro, però non è la stessa cosa, perché l’afori-
sma è la sintesi di un pensiero, è un’analisi di un pensiero,
quindi viene stretto in una frase, è, come dire, il distillato di
un ragionamento, quindi gli aforismi devono avere un senso,
e, se possibile, anche un senso profondo, poi ci sono gli afo-
rismi che fanno anche ridere, ma l’ironia non è un modo di
alleggerire un discorso, è un modo di approfondire, oltre-
tutto senza l’ironia e senza l’umorismo non c’è civiltà!!
Se voi andate in un paese per turismo io vi consiglio sempre
di domandare: ci sono comici là? Se non ci sono comici non
andate!! perché è un paese pericolosissimo! Pericoloso per
la vita! Facciamo un esempio: in Iran e in Irak a me non ri-
sulta che ci siano comici che fanno satira o satira politica o
di costume, NON ESISTONO! E difatti lì è pericoloso andare.
Ah…scusi, non ho completato la domanda…Questo libro è un
libro di aforismi che contiene anche alcune pagine dove ra-
giono su qualcosa, per esempio: sulla pena di morte, sull’esi-
stenza di Dio…su Gesù Cristo…sulla spazzatura, su una serie
di temi che poi sono i temi della vita, anche gli aforismi sono
su tutte queste cose qui, vi posso dire…Ah, no, questo è del
prossimo libro…meglio, così non svelo nulla del prossimo
libro di aforismi…”Nessuno è così sicuro di essere intelligen-
te come un cretino…”.
L’altro libro…l’altro libro è un libro che io non è che non
volessi pubblicare…ma è un libro di poesia…La poesia è un
fatto proprio intimo della persona…E’ come fare vedere le
proprie mutande…E…quindi, io ho scritto poesie nel corso
degli anni, ma, onestamente non mi pareva che fossero tali
per essere pubblicati…Le consideravo come figli di un mio
momento, di uno stato d’animo…Parliamoci chiaro: la poesia
o è grande poesia o è carta imbrattata, e quindi non è
nemmeno carta pulita che è meglio…Per cui anch’io non
sfuggo a questa logica…Un quadro anche brutto lo appendi
alla parete, qualcosa lo ottieni, ma la poesia dove l’appendi?
Quindi…il mio libro di poesie che viene pubblicato perché un
mio amico che lo conosceva li considerò buone, Flaccovio le
lesse e mi disse che erano buone, nonostante io avessi il so-
spetto che le volesse pubblicare perché io ero Pino Caruso,
nel senso che sono un attore conosciuto, e volesse sfruttare
questa mia identità per le poesie, il che non mi soddisfaceva
mi sembrava fuorviante, e poi mi sembrava anche disonesto,
scorretto nei confronti della gente a cui si fa comprare tutto
quello che si vuole… Insomma me le hanno pubblicate, par-
liamoci chiaro… Allora io adesso cosa dico a uno che voles-
se leggermi?…Se uno è abituato a leggere capisce subito e,
sfogliando un libro e leggendo qua e là alcune righe capisce
subito se la scrittura ha una sua qualità, una sua densità…
La sente subito… Qualunque libro io lo apro, lo sfoglio…
sempre, ripeto, non uno che non ha mai letto un libro, per-
ché uno che è abituato a leggere… Quindi, aprano, leggano
qualche verso qua e là, si rendano conto se è il caso di com-
prarlo o no… tra l’altro, se non lo comprano mi fanno un pia-
cere, perché se non gli piace io non voglio che vada in giro
di me un’immagine negativa… Se invece gli piace lo prenda-
no pure… Sono felice, perché, se uno scrive spera che qual-
cuno lo legga…
D. – Hanno un percorso iniziale queste sue poesie?…partono dalla sua infanzia?…
R. – No, dalla mia infanzia no…anzi sì…Però, vede…io nell’infan-
zia volevo tentare di pubblicare un libro di poesie, che si
chiamava “Dissolvenza”… Anche lì venne a casa mia uno
scrittore che si chiamava Mario Passeri, io avevo una busta
di plastica, dentro la quale c’erano tutte queste mie poesie,
perché io le stavo andando a buttare… Questo mio amico mi
dice: “Perché non me li dai a me?” e se li portò… Le aprì, gli
piacquero, parlò con un editore e me li stamparono… Io non
arrivo al punto di…allora io ero più giovane e non potevo im-
pedire che le stampassero… Sono poesie che hanno una loro
sincerità, sono inesperte, acerbe, eccetera eccetera…
Queste poesie fanno parte della sezione finale del libro e c’è
scritto: “Poesie della gioventù: “Dissolvenze”…
Dopo ho ripreso a scrivere nel 1980, da allora ho scritto
poesie, quando una poesia in fondo è un’emozione che si
prova al momento in cui la si scrive, e la si scrive proprio
perché si pensa di trasferirla a un altro…Quindi sono poesie,
sono oltretutto un centinaio, queste sono circa settanta,
ottanta, che vanno dal 1980 sino al 2010, perché quando poi
Flaccovio mi disse che le avrebbe pubblicate, io in quei
quindici giorni mi venne la voglia di scrivere altre poesie e
ne ho scritte altre quindici… E quindi… Ecco, queste sono
tutte le poesie che ho scritto… “Il silenzio dell’ultima notte”
si intitola…
D.- Una sua famosa battuta di tanti anni fa diceva: “LA MIA IGNORANZA E’
ENCICLOPEDICA!! …Ora, considerando quello che ha scritto e fatto fino
ad oggi, chissà quanti suoi colleghi vorrebbero avere questa…enciclopedica
ignoranza!!…Ho fatto questa premessa per arrivare ai comici di oggi…
Posso chiederle cosa ne pensa?… E se dovesse salvarne solo uno, chi salverebbe?
R. Guardi, di solito si fa questa domanda cadendo nell’ingan-
no che il passato sia meglio del presente… Niente di più
falso! A parte il fatto che il mondo si ristampa sempre ugua-
le, altrimenti il teatro non si potrebbe fare, c’è la televisione
prima non c’era la Tv, la natura umana è sempre quella,
cattiva, buona… Io le posso dire che oggi ci sono tantissimi
attori comici straordinari, quasi più che nel periodo della
mia…quando ho sfondato ecco, e allora c’erano, a parte i
grandi…i nuovi eravamo Villaggio, Montesano, Toffolo, Cochi
e Renato, Ric e Gian, un numero ristretto, oggi siccome le
Tv sono tante, perché allora a causa del numero ristretto
chissà quanti ne sono rimasti fuori…perché non c’era spazio,
adesso con lo spazio che si è allargato, è allargato anche…
è cambiato anche il modo, allora un attore che sfondava
aveva una trasmissione tutta per sé, cosa che è capitata a
me negli anni… oggi siccome oltretutto gli attori sono tanti,
– c’è Zelig che fa la pesca a strascico, – ne infila tanti, poi
alcuni di questi sopravvivono, altri meno, però sono tanti,
anzi tantissimi… Per esempio, straordinari, anzi GENIALI,
Ficarra e Picone, ma proprio geniali assai, perché sono anche due che quando hanno scritto per il cinema hanno
capito che dovevano raccontare una storia e che non dove-
vano fare un film di sole macchiette, e quindi con una capa-
cità di essere la cosa che vogliono fare… Hanno fatto due o
tre film, l’ultimo dei quali c’ero anch’io…mi riferisco al film
“La Matassa”…straordinari davvero…certo… a parte la loro
magnifica partecipazione al film di Tornatore, “Baaria”…ma
lì non erano Ficarra & Picone, lì ognuno recitava in maniera
assolutamente indipendente… E poi sempre per parlare di
comici: Ale e Franz…, non parlo di Troisi, perché purtroppo
la natura infame a uno come a Troisi e a uno come a Totò
non dovevano morire, gli dovevano dare la dispensa… e poi
Benigni, l’ho detto Benigni prima?… poi ce ne sono tanti altri, ma adesso faccio torto a quegl’altri perché non mi ri-
cordo i nomi…ma ce ne sono, eccome!….
D. – L’ultimo che è uscito da Zelig è Checco Zalone…
R. – Ah, ecco, io non l’ho mai visto, ma mi hanno detto che è
bravo…e poi c’è Enrico Brignano, un altro attore davvero
bravo… L’unica diversità, che però non è un limite dei
colleghi comici, – è un limite del contesto sociale, – non c’è
più satira politica, e sappiamo bene tutti perché…
D. – Maestro Caruso, c’è una domanda che nessuno le hai mai fatto, ma che si aspetta-
va le facessero, e quella che non si aspettava?…
R. – Dunque…no…domande che mi aspettavo che mi facessero
non ce ne sono…anche perché io parto direttamente dalle
risposte e dalla domanda no… L’unica domanda invece che
non avrei voluto che mi facessero è quella di Marzullo:-
-“ Si faccia la domanda e si faccia una risposta”… Ecco,
era meglio che non me la faceva… Ma più che per il suo
bene che per il mio…
R. – Ma mi indispettisce di più, anzi mi indigna, è facile dirlo,
e persino banale, l’ingiustizia, come prima cosa, la bugia,
la corruzione…tutte cose che non solo mi indignano, ma mi
colpiscono, perché tutte queste cose finiscono per fare
danno a tutti, anche a me… L’altra qual’era?… Che cos’è
che mi sorprende?… Non mi sorprende niente, ma non per-
ché io…perché io sono uno…adesso non vorrei dire la solita
frase…che sono rimasto bambino, tutto mi sorprende e non
mi sorprende niente!… – perché mi aspetto di tutto, sempre
e anche di più… Non mi sorprende nemmeno la grande in-
venzione, io vado cercando tutte le cose nuove, perché mi
attirano, ma non mi sorprendono, perché anzi io mi aspetto
che inventino ancora altre cose, ancora più straordinarie
di quelle, e siccome lo so che verranno, anche se io non ci
sarò… è come uno che essendo abituato a…uno che ha un
carretto si sorprende di fronte a una macchina da corsa, ma
io ce l’ho una macchina da corsa, la trovo naturale… adesso
ho detto una macchina da corsa così, per dire una stupidata.
Ma le grandi invenzioni di oggi, tipo il computer, che ti mette
in contatto con il mondo, ecco ogni cosa ha il suo contrario,
ma questo è colpa dell’uomo… l’uomo quando inventò il col-
tello lo inventò per tagliare la cipolla e il pane, poi arrivò
uno e ci fece un omicidio… Ma la colpa non è delle cose, la
colpa è di come le usiamo noi…
D. – Per finire…Oh, mi scusi, maestro, per cominciare: quali sono i suoi prossimi im-
pegni artistici?… e poi se ci può dire chi è Pino Caruso?...
R. – Ah, io questo non lo so…bisogna domandarlo a un altro, a un
altro che non sia io… Nessuno sa chi è se stesso… Ma non è
per fare della filosofia…è proprio perché…io è vero per capi-
re come sono mi tratto come se fossi un altro, e così cerco
di capirmi… ma così come non si capisce la natura degli al-
tri… ecco io grosso modo qualche carattere, qualche indica-
zione di massa ce l’ho anche di me… Futuro?: ecco i miei
prossimi impegni, dopo aver concluso “il Berretto a sonagli”
a Palermo, porteremo nella prossima stagione teatrale a
Roma, a Milano e in tante altre città, – stiamo ancora predi-
sponendo tutta la tourneé… per poi ritornare a Catania, –
lo spettacolo: “Mi chiamo Antonino Calderone”, che è uno
spettacolo coprodotto dallo Stabile di Catania e da quello di
Palermo e di cui ho la regia e l’interpretazione, perché sono
solo io in scena per un’ora e dieci minuti…lo spettacolo è
stato già rappresentato a Roma e siccome io non ho il pudo-
re di dire la verità, nel senso…anche quando mi è favorevo-
le… che poi facciamo un mestiere pubblico , per cui qualun-
que cosa si dica di uno spettacolo è constatabile, lo spetta-
colo ha avuto a Roma non un successo normale, ma fuori dal
normale, un successo clamoroso e lo portiamo qui a Catania
sperando di rinnovare il successo…
D. – Grazie, Maestro…
R. – Grazie a lei…e a presto…
****************
Piero Juvara
_____________________________________________________
*Si ringrazia per la collaborazione Raffaello Brullo che ha posto le domande a Pino Caruso e
Davide Catalano per la ripresa video *
L’intervista…
Intervista a Donna Costanza Costaguti Florio, ultima erede di una illustre Famiglia Palermitana :
Intervista a Donna Costanza Costaguti Florio, ultima erede di una illustre Famiglia Palermitana :
“I Florio”

L’incontro lo avevamo preparato un mese prima. Naturalmente avevamo preso degli accordi e come promesso il ventinove Marzo di quest’anno, Costanza Florio ci aspettava presso l’Associazione Culturale “La Sicilia dei Florio” ubicata a Palermo in via Leopardi in compagnia del barone Giuseppe Giaconia di Migaido, Presidente della stessa Associazione.
Ci ha colpito subito il personaggio, grintosa ,carismatica, aspetto giovanile e concretezza estrema nelle sue manifestazioni, qualità che gli storici della Famiglia dicono che fossero prerogativa della madre Giulia ultima erede di Ignazio e Franca Florio.
Da premettere che avevamo in precedenza incontrato Costanza Florio a Catania, ma mai personalmente e nell’ambito di altre manifestazioni , per cui l’occasione che si presentava era alquanto allettante.
Una volta che il regista ha preparato la postazione per l’intervista, ho cominciato a parlare con Lei e non vi nascondo che in quel momento come un flash è passata la storia di questa dinastia illustre, con principi e regnanti di altre nazioni che sfilavano all’Olivuzza nei mega ricevimenti davanti alla bellezza e allo sfarzo di Franca Florio, nonna di Costanza.
Ho ripreso quell’attimo di atmosfera da sogno che avevo già vissuto leggendo i libri sulla storia dei Florio, e ho iniziato a gustarmi questa intervista attimo per attimo.
D-Donna Costanza Lei rimane una delle ultime discendenti di una famiglia illustre che ha segnato la storia della Sicilia , ci tracci la figura di Giulia Florio, sua madre attraverso i ricordi e i momenti particolari della sua vita.
R- Mia Madre era una donna grintosa , positiva , nata nel 1909 , sposa il Marchese Achille Belloso Afan de Rivera dal quale ha cinque figli Ascanio (1940)Clotilde (1942)Nicola (1943)Ignazio (1945)Costanza (1950 ).Ella ha vissuto un’epoca di grandi avvenimenti fausti e infausti .Trovandosi nella condizione di ultima erede, ha vissuto le vicissitudini della famiglia , le ultime quelle del declino imprenditoriale del padre Ignazio con molta dignità e consapevolezza. Donna Franca mamma di Giulia , nonna di Costanza, nonostante i suoi impegni mondani era una madre molto vicina alla figlia Giulia., soprattutto dopo la morte improvvisa prima di Giovannuzza e dopo qualche tempo di Ignazio detto Baby Boy, che sarebbe dovuto essere il continuatore della famiglia.
Tutto ciò fece si che l’affetto di Franca prostrata dal dolore si riversasse su Igea e Giulia anche se nata cinque anni dopo la tragedia,nel 1909.Giulia era anticonformista per eccellenza libera , legata alla famiglia che si costrui un percorso tutto suo, studiando e frequentando una scuola a Roma.
D-Chi fu veramente Franca Florio?una bellezza invaghita del suo fascino o della sua bellezza oppure una donna che seppe svolgere con classe e dignità il compito che la posizione sociale le imponeva?
R-Mia Nonna risponde Costanza era una donna bellissima , il fascino e la bellezza che promanava la sua immagine era qualcosa di indefinibile. Io purtroppo ero piccola ho avuto modo di conoscerla dai racconti di mia madre nell’ultima parte della sua vita. Passava le sue giornate a contatto con la natura ricordando di volta in volta le sue esperienze andate. Dai racconti di mia madre Giulia , mia nonna Franca svolse sempre con molta dignità e classe il suo compito senza mai andare oltre, lasciando sempre e dovunque degli ottimi ricordi. Il suo compito era quello di affiancare Ignazio Florio nei salotti mondani di mezza Europa.Certamente di questi rapporti intessuti se ne avvalse mio nonno. Ricordatevi che Palermo era meta dei regnanti di mezza Europa da Guglielmo 2° di Prussia allo Zar Nicola 2°, meta di Poeti, Romanzieri, Capi di Stato; sicuramente tutto questo servi a mio nonno per la sua molteplice attività imprenditoriale che fece di Palermo la Capitale per eccellenza del gusto, dell’eleganza e della signorilità, della belle epoque.
D-E’ vero che sua nonna si era fatta porcellanare il viso a Parigi all’età di trenta anni?
R- Si è vero come mi raccontava mia madre Giulia, la nonna Franca Si sottopose a Parigi a farsi porcellanare il viso, con sommo dispiacere di mio nonno Ignazio che disapprovò;ma Lei era cosciente pienamente, perché era una donna molto intelligente,sapeva cosa andava incontro. Questo vezzo era da premettere molto pericoloso e fastidiosissimo ed era praticato dalle belle donne dell’epoca inserite in un contesto sociale alto in tutte le corti d’Europa; comportò come ci raccontò mia madre un sacrificio fisico non comune. Inoltre mia nonna aveva la carnagione bianca candida, mai la sua pelle era stata a contatto con i raggi del sole. La sua bellezza spiccava anche per questo.
D-Che ruolo ebbe Franca Florio nei delicati rapporti di affari che suo nonno Ignazio tesseva a livello internazionale per affari?
R-Costanza mi ricorda che Lei in quell’epoca non era ancora nata, ciò nonostante dalle discussioni fatte con mia madre, mia nonna ebbe il ruolo di tutte le donne mogli di grandi imprenditori. Non andò mai oltre certi limiti, era affabile , gentile con tutti, aperta. Senza mai fare trasparire nulla dal suo volto. Riceveva un grande numero di lettere come quella di D’Annunzio , del tenore Di Stefano che la pontificavano per la sua bellezza , per le sue forme, ma Lei non andò mai oltre determinati limiti, mai ingenerò pettegolezzi, tutto alla luce del sole. Il suo unico amore fu mio nonno Ignazio. Mai la sua grande affabilità fu scambiata per altro. Bastava la sua presenza affichè regnanti e capi di stato si facessero in quattro per Lei. Mio nonno ottenne tanto per i suoi meriti imprenditoriali, per la sua lungimiranza. Una cosa che lo contraddistinse fu quello di essere sempre avanti rispetto agli altri e questo non fu cosa da poco soprattutto con le idee.
D-Dai racconti di sua madre ebbe conferma della fama di sua nonna Franca dinanzi alla quale si inchinarono Il Kaiser ,Guglielmo 2°, lo Zar e la Zarina,il Re Vittorio Emanuele e tante teste coronate che transitarono da Palermo e che per questo fu sopranominata la Regina di Palermo?
R-Si è vero quello che si raccontava della nonna , le foto rimaste che sono tante ci fecero conoscere le tante teste coronate che transitarono da Palermo e che poi venivano a Palermo nei mesi estivi a Villa Igea ospiti della nonna. Ricordo mia madre che ci raccontava della venuta del Kaiser Gugliemo 2° di Prussia e lo Zar che erano degli habitue’dei salotti mondani che mia nonna organizzava con grande sfarzo prima nella villa dell’Olivuzza e dopo a villa Igea fatta costruire appositamente dall’Architetto Basile il grande fautore del liberty Siciliano. Una diceria quella di dare il nome di Regina di Palermo a mia nonna, ella era Regina di ben altro oltre che donna di grande classe; Se mettiamo poi la ricchezza spropositata di mio nonno per le sue molteplici attività in campo industriale e imprenditoriale, allora ecco dipinto il quadro di mia nonna .
D-L’Impero di suo nonno Ignazio valutato all’epoca il doppio di quello dei Rotschild e dei Vanderbilt ,spaziava dalla flotta Mercantile alla cantieristica, alle zolfare, agli stabilimenti chimici,alla produzione del vino e una miriade di attività che consentirono ai Palermitani di beneficiarne in termini di lavoro e assistenza, ci racconti attraverso i resoconti di sua madre Giulia, questi tempi dorati.
R-Mio nonno Ignazio ebbe una grandissima lungimiranza assecondato dal momento politico e dal governo Crispi. Allacciò intese con i Rubattino e con essi costitui una grande compagnia di navigazione che prima solcò i mari nazionali e in seguito si accinse a solcare i mari intercontinentali. Istituì un postale che collegava Palermo con New York in America , diede impulso in Sicilia alle zolfare all’industria vitivinicola, istituì case per gli operai che lavoravono per Lui e costruì i primi asili nido dove lasciare i bambini figli dei suoi operai. Istituì una mensa cosa impensabile per la Sicilia dell’ottocento e dei primi del novecento. Costruì con l’avallo dell’Architetto Basile il Politeama e Palazzi che ancora oggi si possono ammirare a Palermo. Inoltre la pesca del tonno e le Tonnare a Favignana diedero lavoro a tante persone,e dopo una lavorazione minuziosa per poterlo conservare ,con le sue navi provvedeva a trasportarlo in Sicilia e in Italia, fino in America.Fece tanto per la sua città. Fece costruire finanche delle case per i suoi operai ,li mise in condizione di fare una vita dignitosa. Mia nonna da parte sua provvide a fare il corredo a tante ragazze trovatelle che si trovavano in collegio, diede impulso alla costruzione dell’Istituto per i ciechi, un Adriano Olivetti se mi è permesso il paragone, ante litteram. Mio nonno però era un grande play boy, si innamorava spesso nonostante avesse per la moglie un rispetto e una stima totale, ma era fatto cosi le belle donne lo attiravano e mia nonna se ne doleva e si gettava a capofitto sul tavolo di gioco dove perdeva delle somme enormi per quel tempo.E’innegabile che per Palermo quelli furono tempi d’oro.
D-Come si svolgevano le vostre giornate da piccoli nella tenuta di Roccalvecce in villeggiatura?
R-Costanza a questa domanda ha un sussulto e si commuove. Ci ringrazia per esserci soffermati sulla sua giovinezza. Sono i momenti più belli quelli vissuti in villeggiatura a Roccalvecce , vicino Viterbo insieme alla madre Giulia e il Padre. Abbiamo vissuto la nostra infanzia spensieratamente-dice Costanza- , giocavamo tutta la giornata con qualsiasi cosa ci capitasse a tiro.La nostra fantasia da bambini non aveva limiti, ci accontentavamo di tutto pur di stare insieme all’aria aperta. Mia madre riceveva delle visite, giocavamo con i cugini del ramo Borghese con i quali siamo imparentati, ma ricordo che eravamo felici e spensierati come se il mondo circostante non esistesse. Ricordo mia madre che ci seguiva interminabilmente con la coda dell’occhio e ad un suo accenno eravamo tutti li accanto a Lei.
Sapeva essere dolce ma nello stesso tempo dura e pragmatica. Abbiamo passato una infanzia e una giovinezza felice. Roccalvecce sarà da me ricordata per la felicità che ancora oggi ci ritorna in mente nei momenti tristi. Vi devo ringraziare per avermi fatto questa domanda.
D-E’ vero che suo zio Vincenzo molto più piccolo di Ignazio si disimpegnò nella gestione dei beni di famiglia lasciando mano libera al fratello? Si dice che la sua genialità negli affari oltre alla ricchezza di idee avrebbe potuto salvare la famiglia?
R-Non è vero ci dice Costanza i due fratelli avevano compiti distinti , mai ci fu competizione. Mio zio Vincenzo aveva genialità e grande ricchezza di idee nell’organizzazione delle manifestazioni sportive e non. Da lui ho cercato di apprendere questa sua varietà di idee e fermezza nelle decisioni.
Volle la Sicilia al centro di tutto, organizzò la Primavera Siciliana che inglobava una serie di manifestazioni , gare , sfilate , ma fu soprattutto il fondatore della mitica Targa Florio, Lui aveva la passione delle auto da corsa e rimase estasiato dalla Mille Miglia. Da quel momento il suo pensiero fu quello di portare le corse sulle Madonie i suoi sforzi furono finalizzati al raggiungimento della perfezione nell’organizzazione degli eventi. Da lui ho tratto questo “humus “che è quello di portare la Sicilia nel mondo promuovendo con l’Associazione alla quale appartengo, manifestazioni che la possano far crescere come lo zio Vincenzo sognava. Ignazio e Franca finchè furono in vita collaborarono con lo zio Vincenzo per la promozione dell’immagine Siciliana nel mondo. Difatti in occasione delle Targhe Florio, vennero giornalisti da tutto il mondo per ammirare le gesta di cui erano stati capaci questi imprenditori Siciliani. La gara in seguito ottenne la validità per il Campionato Mondiale Marche fino al 1973, poi si spense nell’oblio dei ricordi.
D-Ci racconti quando sua madre Giulia salvò la vita allo zio Vincenzo e a sua zia Lucie Henry sottraendoli al massacro delle fosse Ardeatine?
R-Mia madre in quella occasione grazie al suo contatto con Kappler spiegò al Comandante delle SS in Via Tasso a Roma che lo zio Vincenzo e la zia Lucie avevano venduto i loro gioielli di famiglia non per traffici illeciti come in un primo tempo i tedeschi avevano pensato,ma per recimolare qualche denaro, considerati i tempi dell’occupazione tedesca a Roma molto duri. Quella volta Giulia riuscì con molta calma e molta spigliatezza oltre che con molto coraggio, a dimostrare a Kappler che lo zio Vincenzo e la Zia Lucie non avevano venduto i gioielli per lucro, ma solo per bisogno immediato. I Tedeschi furono di parola. Quell’intervento di mia madre sottrasse lo zio Vincenzo e zia Lucie, alla mattanza compiuta dai tedeschi verso gli Italiani alle fosse ardeatine.Un colpo di fortuna.
D-E’vero che i Tedeschi durante la ritirata volevano far saltare in aria la villa di Migliarino Pisano di sua zia Igiea e suo zio Averardo Salviati perchè si trovava sulla linea gotica?
R-Per quello che mi risulta dice Costanza non sono a conoscenza di questo episodio, probabilmente è vero , ma sicuramente qualora ci fosse stato sentore di ciò i Salviati ma soprattutto mia zia Igiea battagliera come non mai avrebbero fatto i loro passi presso le autorità tedesche.
Quello che mi risulta dagli incontri con mia madre e che mia zia Igiea in quel periodo diede ospitalità a tanti ebrei e fuoriusciti che durante la guerra avevano perso i punti di riferimento, li aiutò e li rifocillò fino alla fine del conflitto , addirittura nacquero dei bambini in villa e alla fine di essa furono aiutati da mia zia Igiea tutto questo nel più assoluto silenzio dei mass media che strombazzano anche le cose più futili riguardanti la grande guerra ai quattro venti
D-Gli anni del secondo conflitto mondiale passati stabilmente da Ignazio e Franca all’Hotel Savoia a Roma ,come furono considerate le vicissitudini finanziarie(1929/1935)della Grande Famiglia Siciliana da quello che le raccontò sua madre?.
R-Gli anni passati a Roma dai miei nonni come appresi dai resoconti di mia madre, furono tristi sia per il contesto nel quale si viveva, oltre che per la precarietà causata dalla guerra.
Inoltre già le imprese di mio nonno avevano subito un brusco ridimensionamento, a cominciare dall’industria navale fino alla chiusura delle zolfare e delle tonnare. Mio nonno aveva come suo costume, pagato fino all’ultimo centesimo, tutti i debiti che si accavallarono in quel tempo. La villa dell’Olivuzza era già stata venduta da qualche tempo e nonostante gli sforzi per uscire fuori dalla crisi, fu tutto vano. Ogni qualvolta i miei nonni andavano a Palermo alloggiavano a Villa Igea, Nonna Franca per rinverdire i bei tempi andati;,non perdeva l’occasione per organizzare incontri, Feste e riunioni con gli amici rimasti, ma era il crepuscolo. Vennero a Villa Igea a far visita alla nonna i Reali Inglesi e qualche testa coronata, oltre che scrittori , romanzieri, tenori e artisti. Ormai però nonostante ciò eravamo alla fine di tutto .Gli affari per mio nonno andavano proprio male .I Rubattino avevano lasciato la Compagnia di Navigazione per cui si dovette ridimensionare tutto.
D-Con sua zia Igiea , le sue figlie , mi riferisco a Donna Arabella Salviati, Floriana, Forese avete avuto modo di incontrarvi e ricordare le vicende della Vostra Famiglia?Inoltre vorrei sapere se in quel periodo trapelò qualcosa riguardante la tragica vicenda di Raimondo Lanza brillante personaggio della “Higth Society”Palermitana e pupillo di suo zio Vincenzo ?
R- Con i miei cugini non abbiamo avuto possibilità di incontrarci; con Arabella Salviati ci siamo visti qualche volta , ma data la sua età avanzata non ci siamo incontrate di recente Arabella Salviati sposata con un Lanza di Scalea adesso vive per conto proprio. Con gli altri cugini ci siamo incontrati poche volte. Di Raimondo Lanza ricordo che mia madre me ne parlò, io allora ero troppo piccola, per cui ai bambini si faceva sapere lo stretto necessario. Poi da grandi abbiamo conosciuto la tragica vicenda che lo vide suicida in un grande Hotel di Roma. Raimondo a detta di mia madre Giulia, era un uomo affascinante e di grande classe. Seguiva Harrol Flinn quando veniva a Roma a girare i suoi film , per questo modellò i suoi baffetti alla Harrol Flinn.Era addentrato in tutti salotti bene della Roma capitolina, aveva una grande passione per le corse d’auto, e la bella vita. Mio zio Vincenzo trovò in Lui il continuatore della sua mania per le corse che poi trasmise un po a tutti. Fu Presidente del Palermo Calcio. Ebbe tante donne e fu molto legato all’attrice Americana Barbara Hutton, fiamma dell’allora aitante e poi Presidente della Fiat Gianni Agnelli dopo l’era Valletta. Aveva tutto quello che si poteva sognare per quel tempo. Ma una profonda tristezza, e una scontentezza continua lo divorava giorno per giorno. Mia madre mi disse che la morte del Barone La Motta suo grande amico dovuta ad un incidente in un Giro di Sicilia, lo segnò non poco. Sicuramente i problemi erano ben altri per arrivare ad un gesto simile.
D-Gli ultimi anni della sua illustre madre Giulia dove li ha vissuti e che insegnamento ne ha tratto?
R- Gli ultimi dieci anni di mia madre penso siano stati i più penosi in quanto non era più lei. Dopo la morte di mia zia Igea che io non conobbi appieno(sono del 1950)aveva perso quella vitalità che la contradistingueva. Rimase su una sedia a rotelle e faceva tutto da quella sedia. Cucinava quando il personale era a riposo, usciva, sbrigava le piccole faccende, incontrava tante persone che la volevano bene ma non camminò più per suo esclusivo volere. Lei ormai vecchia e stanca ebbe quasi un rifiuto a continuare a vivere, quasi una similitudine con mia nonna Franca che dopo la frattura del piede a Migliarino Pisano dovuta ad una banale caduta,si rifiutò di riprendere a camminare.
L’insegnamento che ho tratto da Lei è quello di una grande umanità e un grande affetto che non ci ha mai lesinato a noi figli. La forza che ci ha trasmesso ci ha dato la possibilità di andare avanti nel miglior modo possibile. Non bisogna dimenticare che Lei come ultima figlia visse la fase discendente della famiglia Florio.Poi conobbe mio padre e si sposò..Noi siamo imparentati con i Borghese e con una famiglia dell’alta Aristocrazia capitolina, ma questo non è mai stato un biglietto da visita. La sua morte avvenuta nel 1989 la colse vecchia e stanca , ormai paralitica, ma sempre bella e dolce nei suoi lineamenti. Il suo ricordo è indelebile.
D-Chi è oggi Costanza Afan de Rivera Costaguti Florio ,quali sono i rapporti con il ramo più giovane della famiglia Florio, il ramo Trabia e le altre famiglie aristocratiche di Palermo,quali i progetti per il suo prossimo futuro?
R-Oggi Costanza è una donna calata in pieno nella realtà contestuale. Nessun volo pindarico, ma tanta concretezza. La belle Epoque è passata da tempo e non la rimpiango, ho il dovere e il rispetto di ricordarla.Sono una donna che opera nell’ambito della politica (Destra) e cerca di dare il suo piccolo contributo d’idee sin dall’età di quattordici anni. In gioventù ho partecipato al sessantotto, poi mi sono dedicata alla politica. Inoltre qui a Palermo con il Barone Giaconia abbiamo fondato l’Associazione culturale denominata “La Sicilia dei Florio” abbiamo intrapreso una serie di contatti con operatori economici, turistici, alberghieri per promuovere l’immagine di questa meravigliosa terra; un pò il compendio di quello che voleva fare mio nonno Ignazio e mio zio Vincenzo con la grande regia di mia nonna Franca. Inoltre l’anima dell’associazione sono le corse storiche su strada in particolare ci stiamo occupando della 1000 kilometri di Sicilia Storica che durerà quarantotto ore e che vedrà la partecipazione di tantissimi equipaggi provenienti anche dall’estero. In pratica una rievocazione del Giro di Sicilia.
Ci prefiggiamo di promuovere una nuova immagine della Sicilia, lontana dagli stereotipi finora conosciuti, attraverso manifestazioni e promozioni di prodotti e modelli esclusivamente Siciliani. La promozione del vino Doc, i percorsi naturali ancora incontaminati, il Barocco,il mare fanno si che questa terra si possa sollevare dal suo torpore atavico. A questo proposito penso che debbano essere gli stessi Siciliani ad uscire dal tunnel e non aspettare la manna dal cielo. Inoltre da mio zio Vincenzo ho avuto instillata la mania per le corse. Difatti con la Provincia Regionale di Palermo e con il suo Presidente Avanti ci siamo prefissi di rivalutare e rimodellare tutte le tribune di Cerda e gli spazi antistanti. Il mio sogno sarebbe far rivivere la primavera Siciliana con grandi marche d’auto come la Ferrari, La Maserati, Le Mercedes e tanti operatori commerciali che propongono prodotti doc Siciliani dalla culinaria ,alla moda. Ci stiamo muovendo e quando lo faccio penso sempre a mia madre Giulia e a Zio Vincenzo, guardo sempre avanti sono determinata.
D-Suo zio Vincenzo più che un capitano d’industria fu animatore e promotore della Primavera Siciliana ,organizzando la mitica Targa Florio, il Giro di Sicilia e tante altre manifestazioni che resero Palermo al centro del mondo in campo mondano e motoristico.Il 1906 e gli anni a venire dal dopoguerra segnarono l’ingresso sulla scena di questo personaggio mitico.Cosa ricorda di suo zio Vincenzo sempre attraverso i racconti di sua madre Giulia e di tutte quelle persone che gli sono state vicine e hanno avuto modo di apprezzarlo?.
R-Mio zio Vincenzo non era per niente interessato alle industrie di famiglia e a tutte quelle attività inerenti suo fratello Ignazio, Lui era un personaggio che amava vivere bene , amava le donne non gli interessava nulla degli affari di famiglia,aveva la passione per le corse e l’organizzazione di esse attraverso la Primavera Siciliana. Vincezo ha rappresentato a Palermo la seconda fase dei Florio la promozione del marchio Sicilia attraverso La Targa ,dopo il fallimento delle Imprese attinenti la navigazione, i Cantieri Navali,le tonnare , le industrie zolfifere del fratello Ignazio e l’acquisizione finale da parte dell’IRI di tutto il patrimonio o di quel poco che rimase. Ci riuscì in pieno .Oggi la Targa Florio anche se valida per il Campionato rally ha avuto una sua valenza mondiale. Tutti la ricordano in ogni parte del mondo.
Zio Vincenzo era una persona dolcissima ebbe le sue vicissitudini familiari perdendo la prima moglie Annina Alliata di Montereale per una grave malattia. Soffri molto per la morte di Giovannuzza e Ignazio detto Baby Boy figli di Ignazio morti prematuramente. In quella occasione fu un supporto psicologico per la Nonna Franca che si ritirò a Favignana per un periodo di tempo. Si legò a Lucie Henry conosciuta ad Epernay, fino alla sua morte avvenuta nel 1959. Aveva per noi nipoti delle attenzioni, ci portava sempre dei regalini. Aveva sempre una novità e voleva tanto bene a mia madre. Aveva un houmor inglese fine e lucido , quelle sue battute in dialetto tipico palermitano erano qualcosa di meraviglioso. Ho tanti bei ricordi di zio Vincenzo che abitava i primi tempi nella villa dell’Arenella e ricordo lo andavamo a trovare e ci riunivamo nella grande sala, dove si metteva qualche tempo prima, mi dicono, mia nonna Franca finchè fu in vita, allorchè veniva a Palermo per riposarsi e guardare il mare che gli evocava dolci ricordi. Naturalmente queste cose li ho sapute dopo qualche tempo quando mi sono inoltrata verso la maturità. Addirittura conservo delle lettere d’amore tra mia nonna e mio nonno,un vero epistolario, di una dolcezza ed un amore immenso. Sicuramente non li renderò mai pubbliche. Esse serviranno a sfatare quei turpi pettegolezzi che sono stati avanzati da un biografo attuale della Famiglia Florio, di cui non faccio il nome, che avanzò dei sospetti su mia nonna,a detta del quale ella amoreggiò con l’artista Boldini brutto fisicamente e basso.Ma sinceramente dei biografi della famiglia Florio non voglio parlare.
D-Che ricordo ha di sua zia Lucie amorevole compagna di Vincenzo , di Cecè Paladino di sua moglie Silvana e di sua cugina Arabella Salviati?
R-Di mia zia Lucie compagna di zio Vincenzo , morta negli anni sessanta ho pochissimi ricordi, ero troppo piccola per poter avere un quadro completo, mia madre tra l’altro si trascinava stancamente per cui non aveva quella forza che era la sua prerogativa, cosi come Arabella Salviati con la quale ci siamo visti qualche volta. Cosa che non posso dire di Cecè Paladino al quale volevo bene, morto sfortunatamente di recente e di sua moglie Silvana con la quale ci vediamo spesso ogni qualvolta vengo a Palermo.Tra l’altro venire all’Arenella mi riporta indietro nel tempo e mi evoca tanti ricordi.
Cecè aveva una rassomiglianza incredibile con mio zio Vincenzo , vederlo muoversi fino a poco tempo fa all’Arenella mi faceva sentire a casa, mi faceva rivedere mia madre.
D-Sua madre Giulia morta nel 1989, ha vissuto un epoca densa di grandi avvenimenti fausti e infausti, ci parli della sua vita e ci racconti qualche aneddoto?
Gli ultimi dieci anni di vita di mia madre come ho detto sopra sono stati tribolati,essa ha vissuto a cavallo tra due grandi ere. Nata quasi a ridosso del primo conflitto mondiale si è trovata subito nella fase discendente della Famiglia dovuta alla crisi economica di cui tanto è stato scritto, inoltre la prematura morte del fratellino Ignazio detto Baby Boy e della sorella Giovannuzza, ha proiettato questa donna in una realtà ben diversa rispetto agli altri anche se mia Nonna non ha mai fatto particolarità. Giulia Florio era cocciuta , testarda ma sapeva quello che faceva. Studiò per conto suo a Roma e fu qui che conobbe mio padre. Mia nonna e mio nonno non erano più quelli di una volta, almeno economicamente,il tracollo era già cominciato da tempo, ma mia madre non se ne fece un cruccio, si sposò, e al corredo e alle tante altre cose che in un matrimonio per una figlia femmina sono importanti, pensò la famiglia dello sposo.Si è legata nella maturità molto alla sorella Igea morta nel 1974 , l’unico anello della famiglia rimasto,alla sua morte ne soffri moltissimo, da li in poi si lasciò andare. Mi ha lasciato un grande messaggio in positivo:” ricordare fa sempre bene in quanto un raccordo con il passato è necessario”. Ma è importante non intristirsi ricordando, bisogna trarre dai ricordi l’humus per continuare ad andare avanti e fare sempre cose belle.
Gli chiediamo se per le Tribune di Cerda acquistate di recente dalla Provincia Regionale di Palermo ci sia qualche spiraglio di inizio lavori in modo da programmare qualche manifestazione e adibirle a museo della Targa.
Pare ci dice Costanza che qualcosa si stia muovendo, sembra che la pratica si sblocchi da un momento all’altro. Il Presidente Avanti sollecitato da Noi e da tutti quei tifosi che ancora sono tanti qui a Palermo e in tutto il mondo,ci sta mettendo del suo .Anche da questo parte la nuova fase di rinascita della Sicilia dei Florio.La ringraziamo per la bella giornata che ci ha concesso e per un attimo siamo ritornati indietro nel tempo lontani dai clamori di questa vita.
Raffaello Brullo